Cenni storici sulla Città di Caserta
L’antica Caserta, che sorge sul fianco meridionale di uno dei colli della catena dei Tifatini, è di origine Longobarda ed essendo un castrum militare e dimora feudale arroccata venne denominata Casa-Hirta. I Longobardi, come in seguito i Normanni gli Svevi e gli Angioini, svilupparono i loro possedimenti e le loro costruzioni intorno a chiese, santuari, monasteri benedettini, con un’economia prettamente agricola e un impianto urbanistico costituito da “ville” e “casali”. E’ proprio in uno di questi “casali” che inizia a svilupparsi la vita della città in pianura, che di lì a qualche secolo, intorno ad un mercato settimanale, prende corpo e vita. Il casale era quello denominato della Torre.
Intorno se ne svilupperanno tanti altri, quelli che oggi formano il tessuto urbanistico della città: i casali Vico, S. Carlino, Aldifreda, Sala e Briano, Mezzano, S. Barbara, Tuoro, S. Pietro ad Montes e altri. Il villaggio Torre, che costituirà il nucleo centrale della città di Caserta, ha origine dal cambio di residenza dei Della Ratta (famiglia nobile) possidenti, intorno al Trecento, di Casa-Hirta, che ristrutturano una torre di loro proprietà in pianura per stabilirvisi ( l’attuale palazzo Vecchio, sede della Questura). Il mercato settimanale che si svolge davanti alla Torre provoca il definitivo abbandono, da parte delle autorità politiche ed ecclesiastiche, di Caserta Vecchia (Casa-Hirta) ed il definitivo stabilirsi in pianura. Gli Acquaviva d’Aragona porteranno, a loro volta, Caserta ad essere una delle più belle Signorie e la cultura e la ricchezza ne faranno il fiore all’occhiello, inoltre, la vicinanza di Napoli con i Borboni, darà al territorio casertano grande stabilità politica ed economica, fino a Giulio Antonio Acquaviva che nel 1579 ottenne il titolo di Principe dello Stato di Caserta. Il Palazzo Vecchio, sede del principato casertano, con gli Acquaviva diventa una delle più belle dimore dell’epoca, ricco di giardini, fontane, giochi d’acqua, costruzioni e statue di gusto rinascimentale. Fino alla metà del seicento il principato ha grande splendore, ma alla morte di Anna d’Acquaviva, figlia di Andrea Matteo, la dinastia scompare e i Caetani acquistano il principato per detenerlo fino alla vendita, dello Stato di Caserta, ai Borboni, stato ormai in totale decadimento, siamo nel 1751.
Carlo di Borbone, Re di Napoli e di Sicilia, vuol realizzare nel territorio casertano la propria residenza estiva e collegarla a Napoli capitale anche con vie d’acqua; vuole, in realtà, fare di Caserta il centro del Regno, con un impianto urbanistico imponente, con strade che lo possano mettere in contatto con il vicino Stato Pontificio e tutto il Suo Regno. Vanvitelli, architetto rococò discepolo del Juvara, esaudisce i suoi desideri con una progettazione magistrale; un Palazzo, non più una residenza fortificata, aperto alle nuove esigenze dell’epoca dove la sfarzosità doveva essere esibita al mondo intero per mostrare la magnificenza del proprio Casato. Carlo di Borbone chiede anche di cancellare tutto l’esistente e il magnifico giardino degli Acquaviva viene così sacrificato per la costruzione del nuovo Palazzo Reale; il Parco Reale sorgerà sfruttando l’orografia ad anfiteatro che il monte S. Silvestro, colle dei monti Tifatini, offre e distruggerà ciò che Goethe definisce l’ottava meraviglia del mondo riferendosi ai giardini Acquaviva. Il 20 gennaio 1752 viene posta, con un’imponente cerimonia, la prima pietra e ci vollero venti lunghi anni per completare l’intera opera, portata al compimento da Carlo Vanvitelli, poiché la cecità colpì il padre Luigi che morì nel 1773. Anche Carlo III di Borbone dovette rinunciare ai suoi propositi, in quanto divenne Re di Spagna e ai suoi successori non fu dato modo di continuare la sua opera, per incapacità e per mancanza di fondi. La Reggia Vanvitelliana è una delle grandi opere sotto la tutela dell’UNESCO, patrimonio dell’Umanità ed orgoglio della città di Caserta, che nel corso della sua storia sociale -politica -economica - culturale ha dovuto sempre confrontarsi.
L’impianto tipologico del Palazzo Reale è imponente, una forma quadrata divisa da una croce centrale a formare quattro cortili perfettamente identici, comunicanti tra loro e con l’esterno; uno scalone, messo nel centro della struttura, dà l’accesso al piano nobile e agli appartamenti reali, attraverso una sfarzosità tipica dell’epoca si snodano i vari ambienti della Reggia, allestiti e aperti per il soggiorno dei reali e degli illustri ospiti. Il parco reale ha un’estensione di qualche centinaio di ettari, sfruttando il naturale paesaggio, si mostra con una serie di percorsi e fontane zampillanti, ricche di statue dai sapori allegorici. Niente viene lasciato al caso nell’immaginario vanvitelliano, tutto può essere utilizzato per creare la suggestione di un giardino barocco e Vanvitelli si rivela maestro nell’ottenere tali emozioni sfruttando ciò che il paesaggio dà e ciò che Egli riesce a modellare. Nella metà dell’ottocento al magnifico parco viene affiancato un giardino all’inglese, voluto dalla Regina Maria Carolina D'Austria; tre ettari di splendore, ospitante tutto ciò che possa creare emozioni, fontane, statue, serre per piante tropicali, un giardino botanico dai mille colori, percorsi suggestivi, una flora ricercata, fanno di questo posto un vero paradiso terrestre.
Autore: Architetto Silvio Iadanza socio dell'Associazione "Alessandro Ghigi"